MEGLIO NON RIDERE DEI GUAI DELLA BUNDESWEHR

Nei giorni scorsi ha suscitato polemiche e commenti pepati la notizia delle serie difficoltà in cui si dibattono le forze armate tedesche alle prese con ampie inefficienze di mezzi e velivoli. Ogni volta che Berlino appare debole sul piano militare scatta automatico, nei media come nell’immaginario collettivo,  il confronto con la grandezza di un tempo. Specie in tempi in cui la Germania è percepita come despota economico e finanziario dell’Europa fa piacere un po’ a tutti constatare che si rivela un “nano” militare. Il ministro della Difesa, Ursula von der Leyen, ha avuto bisogno del soccorso dal cancelliere Angela Merkel per non farsi travolgere  dalla bufera scoppiata intorno alle pessime condizioni delle forze armate emerse in seguito a un recente rapporto interno alla Difesa.

L’occasione per sollevare la delicata problematica l’hanno offerta i  guasti tecnici registrati in pochi giorni a due aerei da trasporto C-160 Transall impegnati a portare armi ai curdi e aiuti sanitari per far fronte all’epidemia di Ebola in Sierra Leone.

Il quotidiano Bild ha poi messo le mani su un rapporto che evidenzia la scarsa efficienza dei mezzi della Bundeswehr. La sua pubblicazione ha costretto il ministro ad ammettere che le forze armate non sono in grado di sostenere le tante missioni oltremare (dal Malì ai Balcani all’Afghanistan) e ad adempiere pienamente agli impegni assunti in ambito Nato.

Dal rapporto si evince che la Bundeswehr dispone di 42 cacciabombardieri Typhoon operativi su 109 e di 38 Tornado su 89, l’esercito ha pronti all’impiego  solo 70 blindati Boxer su 180  mentre solo 41 dei 180 elicotteri ufficialmente in servizio sono in grado di volare.

I dati tengono conto dei mezzi in manutenzione e delle difficoltà a mantenere efficienti i mezzi più vecchi quali i cargo C-160 (21 in grado di volare su 56) in procinto di essere rimpiazzati dai nuovi A-400M e gli elicotteri Sea King, 3 operativi su 21.  Risultano però pessimi anche i dati sulla disponibilità di mezzi modernissimi ma dalla gestione complessa e costosa come gli elicotteri da attacco Tiger (10 operativi su 31) e i multiruolo NH-90 (solo 5 su 33).

Il prestigio militare tedesco aveva già subito duri colpi in 13 anni di guerra afghana dove il contingente di Berlino è risultato poco combattivo, più propenso a restare chiuso nelle basi che a contrastare i talebani e dove ha presentato molti problemi di disciplina con scandali per abusi sessuali e diffuso alcoolismo più volte evidenziati dai media germanici.

I dati sulla scarsa efficienza dei mezzi in dotazione assestano però un colpo ancora più duro alla credibilità militare tedesca perché affondano il mito dell’efficienza tecnologica teutonica. Con un bilancio della Difesa che quest’anno è sceso a 32,8 miliardi di euro (700 milioni in meno del 2013) Berlino è pari alla  Francia e seconda in Europa solo alla Gran Bretagna per le spese militari a cui dedica l’1,3% del PIL contro l’1,9 di Parigi e il 2,2 di Londra.

Nei prossimi anni la Germania prevede di ridurre ulteriormente le spese militari all’1,1%  del PIL nonostante le sollecitazioni in senso opposto della NATO.
Attenzione però a non sorridere troppo delle difficoltà germaniche anche perché la trasparenza con cui questi temi vengono affrontati dalla politica e dai media non è certo comune a molti Paesi europei e di certo non all’Italia dove tradizionalmente politici e vertici militari sono da sempre abituati a nascondere all’opinione pubblica e ai media persino scontri a fuoco e incidenti, figuriamoci i dati sull’efficienza dei mezzi in servizio o sull’ammontare di armi ed equipaggiamenti dismessi.

Chi può dire in Europa di passarsela meglio dei tedeschi in termini di efficienza? A quanto pare nessuno anche se ben pochi dati sono disponibili poiché tutti i Paesi si trincerano dietro la “sensibilità” di questo tipo di informazioni.In Gran Bretagna secondo l’istituto Rusi su 170 aerei da combattimento Typhoon e Tornado solo 40 sono pronti al decollo. In Francia, un rapporto della Corte dei Conti ha rivelato che solo il 41% degli aerei militari era disponibile nel 2013, contro il 60% del 2008 e il 65% del 1997. E l’Esercito non sta certo meglio: i dati forniti in risposta a un’interrogazione parlamentare riferiscono che in media solo la metà dei carri armati e blindati sono operativi.

A Madrid, dove il bilancio della Difesa si è ridotto da 8,5 miliardi di euro nel 2008 a 5,7 quest’anno, il ministro della Difesa, Pedro Morenés, ha dichiarato nel febbraio scorso di preferire “avere il 10 per cento di unità operative che tutte le forze armate al 10 per cento delle capacità”.

Benché in Italia non ci siano dati ufficiali disponibili è certo che la situazione è ben più grave che in Germania e probabilmente non lontana dai livelli della Spagna. Basti considerare che per le spese di funzionamento dell’apparato militare (Esercizio) Berlino spende quest’anno 8,4 miliardi di euro mentre Roma solo 1,3 degli oltre 13 miliardi assegnati “alla Funzione Difesa”, pari allo 0,8 del PIL. Mezzi e reparti destinati alle missioni vengono mantenuti efficienti grazie ai fondi ad hoc per le operazioni all’estero, un miliardo di euro quest’anno in parte reperito (con una sorta di “cannibalismo finanziario”) dagli ultimi tagli alla Difesa.

Anzi, dai penultimi perché è ormai certo che altri 700 milioni verranno tagliati alò bilancio Difesa con la manovra finanziaria in preparazione da parte del governo Renzi. In assenza di dsati ufficiali valgono le indiscrezioni. Secondo fonti ben informate meno del 15 per cento degli elicotteri dell’Esercito sono in condizioni di volare, con percentuali un po’ più alte per i velivoli di Aeronautica e Marina.

Molti mezzi terrestri e navali risultano fermi per carenze di manutenzione e carburante e molti reparti non hanno fondi per l’addestramento e la manutenzione delle caserme che in molti casi stanno letteralmente cadendo a pezzi. Non a caso da anni la Nota aggiuntiva al Bilancio della Difesa evidenzia il rischio di collasso delle forze armate. Meglio quindi non ridere dei guai della Bundeswehr. In confronto ai nostri sono bazzecole.

Foto Bundeswehr

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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